TERZO SETTORE
13-11-2024
Mi chiedono spesso se il Presidente di un’associazione, o un membro del consiglio direttivo, possano lavorare e percepire un compenso dalla stessa associazione che gestiscono e di cui fanno parte.
Su questo tema purtroppo c’è molta confusione e molti professionisti (specialmente i commercialisti), negano questa possibilità.
Sciogliamo subito il dubbio:
sì, è possibile per un Presidente, o amministratore di un ente no profit, percepire una remunerazione per l’attività svolta. |
Questo vale per la generalità degli ETS (Enti del Terzo Settore) e rientrano:
ATTENZIONE: non è prevista questa possibilità per le ODV ossia le Organizzazioni Di Volontariato.
La legislazione sugli enti no profit vieta la distribuzione di utili tra i soci, ma non vieta il versamento di corrispettivi proporzionati all’attività svolta dal socio a favore dell’associazione.
Questo è indirettamente ammesso dalla legge,
“la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali, di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni; la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”.
Tale articolo di legge, fissa quindi i parametri per una corretta e, soprattutto, adeguata corresponsione dei compensi nell’ambito dell’attività associativa.
APPROFONDIAMO:
È dunque possibile per un componente del Consiglio Direttivo di una associazione, svolgere attività retribuite all’interno della stessa associazione.
Questo vale per la generalità degli ETS (Enti del Terzo Settore) e, in particolare, per le APS (Associazioni di Promozione Sociale).
La legge ammette che, a fianco dei volontari, vi siano operatori retribuiti con lo scopo di migliorare il lavoro e l’efficienza delle associazioni, a tutto vantaggio degli interessi della collettività degli associati, entro determinati limiti.
L’art. 36 del D. Lgs. n. 117/2017, riferendosi alle APS, consente infatti che:
“le stesse possano “assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5 (volontari), solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità”. |
Limite imposto:
“con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria” (co. 5 art. 17 del D.lgs. n. 117/2017), negli ETS e nelle APS, l’amministratore (componente del Consiglio Direttivo o dell’Organo di amministrazione) associato o terzo, può essere retribuito, anche ricorrendo a prestazioni di collaborazione occasionale o coordinata e continuativa, nel rispetto, per le sole APS, dei limiti di cui all’art. 36 del Codice del Terzo Settore. |
Dalla lettura dell’art. 36 del D.lgs. 117/2017 è facile capire come effettivamente l’erogazione del compenso a membri del consiglio direttivo sia possibile all’interno di una APS, a patto che:
In base anche a quanto scritto nell’art. 17 comma 5 del D. lgs 117/2017
“la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria”.
Per cui confermiamo che:
il compenso dei componenti del direttivo è ammesso, ma deve essere proporzionato ad alcuni parametri e devono essere conseguenza di una attività lavorativa prestata nell’ambito di una attività di interesse generale statutariamente prevista e, comunque, strumentale al perseguimento delle finalità associative e che, sotto il profilo quantitativo, il compenso non costituisca distribuzione indiretta di utile.
A riprova di ciò, qualche anno fa, con un documento ufficiale l’Agenzia delle Entrate ha specificato, in una risposta che funge da nulla osta, ai membri del consiglio direttivo di un’associazione no profit di ricevere compensi annui per l’attività prestata.
L’Agenzia delle Entrate, in quella occasione, afferma anche che questi compensi devono basarsi su un calcolo relativo alla sommatoria dei componenti positivi di reddito lordo e delle entrate delle attività svolte.
Esempio: facciamo un’ipotesi di compenso in base a dei calcoli di comodo:
In astratto, un Presidente potrebbe arrivare a percepire un massimo di circa 12.000€ annui lordi.
Nel caso di specie, se il Presidente ricevesse una cifra maggiore rispetto al massimo ricavato (sommatoria dei componenti positivi di reddito lordo e delle entrate delle attività svolte), ne potrebbe essere contestata una responsabilità sociale.
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